Stefano Todeschi

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Come parlare a un esame orale per superarlo.

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Come parlare a un esame orale. Come passare dall'ansia all'eloquenza. E cioè come migliorare sempre di più il proprio modo di parlare al proprio esame all'università per essere capaci di comunicare bene anche e in futuro. Questo ti permetterà di imparare a comunicare e interagire con le persone ora e durante tutta la tua vita professionale.

Forse anche tu, come studente o studentessa, hai provato ansia da esame orale. Quel senso di vuoto assoluto, di non ricordare più niente. Quel bruciore di stomaco, quella secchezza della bocca. Oppure ti sudavano le mani durante l'ultimo esame, o sentivi mancare il respiro. Sono tutte sensazioni comuni dell'ansia da esame orale quando sei all'università, e non solo all'università.

Le ho provate anch'io quando davo esami all'università. Oggi voglio aiutarti con la pratica a guardare in faccia le tue emozioni e a sfruttare l'esame per prepararti al meglio per tutta la tua comunicazione anche ben dopo gli esami. Vedremo: che cos'è il giudizio e da che cosa dipende, quali sono gli scopi degli esami orali, che cosa ci serve per parlare bene, come arrivare presso il docente, come imparare a rilassarci, come ascoltare la domanda del docente e come rispondere in pratica. E infine vedremo come allenarci per parlare bene all'esame.

1. Il giudizio può minare il nostro esame orale

Prova di esame orale. Che cosa può bloccarci? Ovviamente il giudizio.

Il giudizio da parte degli altri? Certo, perché ci teniamo a fare bella figura. Perché ci sentiamo perennemente al centro del mondo. Siamo convinti cioè che le persone presenti all'esame avranno lo scopo di valutare la nostra prestazione e dunque per giudicarci. Sì, sto ingigantendo e onestamente posso permettermelo, perché anch'io provavo le stesse cose durante gli esami all'università.

Infatti non mi avevano insegnato ad andare oltre il giudizio.

Andare oltre il giudizio

Da che cosa nasce il giudizio? Da un'abitudine sbagliata che spesso parte dalle scuole primarie o elementari, e talvolta anche dalla scuola dell'infanzia, se non dalla nostra famiglia. Pensaci: quando eri piccolo o piccola, ti è mai capitato che ti dicessero "sei bravo in matematica", oppure "sei brava a disegnare", oppure "non sei capace di fare questa cosa"?

Ora prova a pensare quanto sarebbe stato diverso se ti avessero detto: "hai svolto correttamente questo problema di matematica", oppure "il disegno che hai fatto è curato", oppure "Hai svolto bene questo compito". Hai sentito la differenza?

Nel primo caso, come purtroppo succede d'abitudine, il giudizio era sulla persona: sei così o sei cosà. Se il giudizio è sulla persona, abbiamo subito la percezione di piacere o non piacere agli altri. È come se ci facessero una fotografia, e andassimo in giro per il mondo sempre e solo con quella immagine fissa di noi.

Nel secondo caso invece il focus è sulle azioni. "Hai svolto", hai fatto". Posso essere capace di svolgere problemi in matematica, ma può accadere che ogni tanto commetta un errore. In questo caso il focus non sarebbe sulla mia persona, capace o non capace in generale, ma sull'episodio specifico.

Primo consiglio: d'ora in poi quando una persona tenta di definirti usando il verbo essere, ti consiglio di rifiutare questo tipo di feedback. Perché il verbo essere definisce la persona, non le singole azioni che possiamo compiere. Se qualcuno allora tenta di definirti con il verbo essere, ti suggerisco di chiedere "Mi fai un esempio (pratico)?"

E torniamo ora all'esame.

Immagino che una persona non superi un esame. Che cosa dirà il docente? Il docente dirà, per esempio, "lei non ha studiato". Il docente, intelligente, si focalizzerà sull'azione della preparazione. Efficace o inefficace. Poi, ci chiediamo, esistono i professori e le professoresse che si comportano da stronzi? Ammettiamolo, purtroppo sì. Ma in questo caso io credo che tocchi a noi focalizzarci sulle azioni, e non sulla definizione assoluta di noi stessi.

Il punto è: ogni volta che noi affrontiamo un esame ricordiamoci che quello è non il traguardo dell'intero percorso, ma solo una tappa. Ogni esame, di fatto, è un singolo passaggio: un insieme di azioni che mi servono per procedere poi alla tappa successiva, l'esame che seguirà. E fra poco vedremo come affrontarlo in pratica.

2. Il problema delle classifiche (e quanto sono inutili non solo all'università)

Un altro problema del giudizio è il confronto.

Molti hanno l'abitudine di fare le classifiche, fin dalla scuola primaria: il primo della classe, la più brava in questa disciplina, la meno intelligente, l'ultimo della classe. La domanda è: le classifiche della scuola primaria a che cosa ti servono oggi? Le classifiche della scuola secondaria di primo grado a che cosa ti servono? E quelle del liceo?

Si potrebbe obiettare che fare classifiche poteva essere utile per dare sempre il meglio. Ma c'è un problema.

Chi si trova puntualmente nella posizione di secondo, non rischia di percepirsi cronicamente secondo nella vita? E chi si trova puntualmente nella posizione di primo, qualora commettesse un errore, e retrocedesse nella classifica, siamo certi che avrebbe gli strumenti psicologici per reggere lo smacco davanti ai compagni e alle compagne?

Un po' come l'atleta centometrista: oggi vince la gara, ma non sa che gli altri concorrenti soffrivano di indisposizione per ciò che avevano mangiato la sera prima.

3. Scopi degli esami orali all'università (e dopo la laurea)

A che cosa serve l'esame? Il docente è un professionista che ha due macro scopi: prepararci per l'esame, e valutare la nostra preparazione durante l'esame. La nostra preparazione, e non noi come persone. Molto spesso, infatti, quel docente non lo vedremo più per il resto della nostra vita: che cosa potrebbe mai sapere di noi come persona?

La preparazione.

Perciò per prima cosa, non ci sono santi, dobbiamo studiare. Ma per quale ragione esistono gli esami orali? Non si potrebbe fare tutto per iscritto?

Ogni docente universitario ha la sua idea di esame. Un esame scritto permette di comprendere la preparazione e la capacità di comunicare per iscritto (salvo le domande con risposte a crocette). Ma noi nella vita avremo a che fare con esseri umani a cui dovremo far arrivare i nostri messaggi perché li comprendano bene per collaborare concretamente.

Saper comunicare allora è decisivo. Io credo allora che l'esame orale sia un'eccellente occasione che abbiamo nella vita per prepararci a interagire e comunicare dal vivo con le altre persone. Perché ci permette di allenarci nell'ascolto (della domanda), nella rapida raccolta dei dati per rispondere, nella capacità di spiegare con sintesi e coinvolgimento.

E ora passiamo alla parte più pratica, andiamo davanti al docente. E vediamo come sfruttare questa occasione per imparare a parlare in futuro con colleghi, collaboratori, capi, clienti, ma anche amici e con ogni persona con cui dovremmo avere a che fare nella vita.

4. Il momento dell'esame: l'approccio con il docente.

Tocca a te, e magari con il cuore in gola, ti avvicini al docente o alla docente. Per prima cosa devi assumere il comportamento rituale che dimostra all'inconscio di chi hai davanti che sei un soggetto innocuo. Chi hai davanti dovrà percepire, inconsciamente, che non corre nessun pericolo. Sorridi. Sorridi semplicemente.

Ci si potrebbe chiedere: si tratta di lecchinaggio? No, il lecchinaggio lo lasciamo ad altri, noi dobbiamo lavorare per il massimo della serenità e per la migliore relazione possibile con le persone che abbiamo davanti. Pensaci: quando il tuo sguardo è corrucciato, il tuo stato psicologico risulta corrucciato.

Quando invece sorridi una persona, prima di tutto sorridi a te stesso o te stessa. Il sorriso è un rituale ancestrale, tipico della nostra specie, che permette di

  • rilassare il soggetto che sorride e

  • rilassare chi riceve il sorriso.

Che cosa accade quando sorridiamo? Per cominciare, sorridere attiva il rilascio di neuropeptidi che agiscono per combattere lo stress. I neuropeptidi sono molecole che consentono ai neuroni di comunicare. Facilitano i messaggi a tutto il corpo quando siamo emozionati.

Inoltre il sorriso permette il rilascio di endorfine, chiamati anche "ormoni del buon umore", oltre ad ad altre sostanze del benessere come la dopamina e la serotonina. L'ho molto semplificata, non me ne vogliano medici e psicologi: di fatto questo porta a una rilassamento corporeo e quindi mentale. Il docente di psicologia organizzativa al Claremont McKenna College, Ronald Riggio, sostiene che

"Ogni volta che sorridi, fai una piccola festa di benessere nel tuo cervello".

Sorridere inoltre attiva i neuroni specchio. Molti psicologi consigliano di sorridere a te stesso davanti allo specchio, ed è come se ti caricassi di riflesso. Questo allora vale anche per le persone che ti trovi davanti, compreso il prof o la prof. Insomma sorridere attiva uno stato di benessere personale e sociale.

E se il professore non sorride? Beh, sei certo che la responsabilità sia tua? Ma tu che ne sai di come sta quella persona oggi o in questo periodo della sua vita? Potresti obiettare che nessuno dovrebbe portare i propri problemi al lavoro, compreso in sede di esame. Vero. E che ci possiamo fare? Ognuno si prenda le proprie responsabilità, non solo tu, ma anche il o la docente.

Rilassa le tensioni

Pensa a tutte le volte in cui, aldilà degli esami, senti tensione nel tuo corpo. Pensa quando stai digrignando i denti con la bocca chiusa, oppure stai spingendo il palato con la lingua, oppure è una tensione nella mandibola o nel collo o sulle spalle. Impara poi ad ascoltare te stesso o te stessa. Abituati fin d'ora, quando mancano ancora settimane o mesi agli esami, a sentire il tuo corpo.

Per esempio, come stai ora? Senti che stai stringendo i denti? Rilassati e lascia cadere la mandibola in modo naturale attratta dalla gravità della terra. Senti di avere la fronte corrucciata? Sciogli ogni tensione muscolare e di stendi fronte, occhi e zigomi: rilascia i muscoli. Piano piano ti abituerai ad avere sempre più attenzione alle sensazioni fisiche di tensione. E a scioglierle non appena le sentirai. E questo ti permetterà di rilassarti con prontezza nelle situazioni che lo richiederanno, come per esempio durante l'esame.

Lo scopo che ci dobbiamo prefiggere è stare sul pezzo, bene all'università e, ne sono convinto, in ogni altra occasione della vita.

5. Come ascoltare la domanda del docente.

Quindi, sei davanti al prof. o alla prof.

Come prima cosa ascolta le tue eventuali tensioni, e scioglile subito. Rilassa la fronte, rilassa la mandibola, rilassa gli occhi, lascia andare la lingua all'interno della bocca, abbandonala. Sia che la domanda sia lunga sia che la domanda sia breve, puoi annuire leggermente mentre il docente parla. Quando e perché dovrai annuire?

Annuisci quando il docente dirà le parole chiave della sua domanda: il concetto principale, un'eventuale concetto di contrasto, rischi, problematiche, autori. Insomma tutto ciò che senti rilevante della domanda.

Annuire ha due scopi:

  • dimostrare di aver capito la domanda,

  • aiutare te stesso o te stessa a focalizzarti sulle parole chiave.

Un po' come se tu mettessi un bollo fisico di conferma a ogni parola importante della domanda. Ti suggerisco di cominciare ad abituarti in qualunque occasione, anche quando le domande te le fanno i tuoi amici parlando di che cosa fare sabato sera.

Ti ricordo che qui stiamo facendo di tutto per rimanere focalizzati e stare sul pezzo. Prima di procedere, ti annuncio che pubblicherò altri articoli sull'esame orale all'università, ti consiglio di continuare a seguirmi:

6. Come iniziare la risposta alla domanda del docente

Primo: evita di gettarti a capofitto nella risposta.

Ok, non vogliamo che il professore o la professoressa capiscano che noi abbiamo studiato. Per questo siamo portati a pensare che sia indispensabile evitare anche un decimo di secondo di silenzio fra la fine della domanda e l'inizio della nostra risposta. Ma questo è un errore. Un atteggiamento precipitoso potrebbe far pensare al docente che non abbiamo davvero ascoltato la domanda. La prima cosa da fare, allora, è una pausa di pochi secondi.

Secondo: metti in ordine i concetti della domanda. Il modo migliore consiste nel dare una restituzione della domanda. Eh sì, torna utile ripetere la domanda sintetizzandola. Con questo ottieni due risultati:

  1. il docente si rende conto che tu hai capito la domanda;

  2. riesci a fare ancora di più mente locale per rispondere bene.

Trovi così le idee più rapidamente e le metti in ordine ancora meglio.

In sintesi:

  • pausa e

  • restituzione della domanda.

7. Come sviluppare la risposta alla domanda del prof o della prof

La restituzione fa già parte della risposta, è la sua introduzione. Fatto questo passiamo al cuore della risposta.

Alla domanda "mi parli di…", abbiamo poche alternative. Iniziamo con una definizione del tema richiesto: semplice e sintetica (hai presente il dizionario?) Per sua natura la definizione pone confini.

Appena dai una definizione:

  1. dici che cosa è l'oggetto;

  2. spieghi che cosa non è.

Ecco un primo criterio distintivo: spiegare

  • tutto ciò che rientra nel concetto richiesto e

  • tutto ciò che non rientra nel concetto richiesto. Naturalmente poi dovrai focalizzarti su ciò che vi rientra.

Poi c'è la domanda comparativa. La domanda cioè che pone a confronto il passato con il presente, oppure con il futuro, una teoria con un'altra teoria, il primo periodo di un autore con il suo secondo periodo, e quindi la sua evoluzione, una teoria fallace con una teoria corretta, e ogni altra coppia di concetti che possono essere confrontati fra loro.

Per molte persone questa domanda sembra essere più complicata. Tu che ne pensi? In realtà, a ben vedere, è il docente stesso che ti sta dando la traccia di come rispondere. Facciamo un esempio, immagina che il docente ti dica che "fino al secolo tal dei tali si pensava che…, ma poi l'autore tizio scoperse che…, mentre oggi abbiamo compreso che…"

Non dovrai fare altro che usare la medesima scaletta con la medesima successione di concetti:

  • che cosa si pensava fino al secolo tal dei tali,

  • qual era la scoperta dell'autore tizio, e

  • che cosa abbiamo compreso oggi.

Attenzione: nell'esempio, il docente ha introdotto l'ultima parte con l'avverbio "mentre". Ciò significa che probabilmente oggi non seguiamo più l'autore tizio.

Quindi porrai a confronto ciò che abbiamo compreso oggi con l'autore tizio. Ma il docente ha parlato anche di che cosa si pensava fino al secolo tal dei tali: per questo dovrai porre in relazione ciò che abbiamo compreso oggi con ciò che si pensava fino al secolo tal dei tali. E in tal modo vai a chiudere il cerchio.

Puoi sostenere la tua risposta anche gesticolando, per questo ho girato un video specifico:

8. Come allenarsi per parlare bene all'esame orale

Come ho detto, ogni esame serve per prepararci ai passaggi successivi - i prossimi esami -, e ad ogni momento al di fuori dell'università in cui parleremo e interagiremo con le persone. Questo significa che per imparare a parlare bene durante gli esami, non possiamo pretendere di fare le super corse degli ultimi giorni, ma dobbiamo fare pratica nel tempo.

Devi imparare a sentire la tua voce. Non ci interessa dire se sei bravo non sei brava, ma semplicemente lavora sulle tue sensazioni quando parli. Può tornarti utile fare pratica anche spiegando argomenti per gli esami scritti.

Spiega contenuti e concetti ai tuoi colleghi e alle tue colleghe di studio. Non chiedere loro se sei stato bravo o brava, ma chiedi loro che cosa hanno capito. Se ci sarà congruenza fra ciò che loro avranno capito e ciò che tu volevi far capire, allora avrai fatto centro. Se invece ci sarà una discrepanza, allora cerca di capire che cosa sarà passato e che cosa invece non sarà arrivato. Riprova un'altra volta.

E se vuoi parlare con sempre più sicurezza usando la tua voce da esperto o esperta, impara a conoscere meglio il tuo tono di voce.

9. Impara osservando gli esami degli altri

Ti ho dato spunti per sostenere un esame orale. Sfruttali anche come criteri per osservare gli esami universitari degli altri studenti e studentesse. Per esempio puoi chiederti:

  • quella persona sembra rilassata?

  • ha sorriso al docente?

  • ha dimostrato di aver compreso la domanda?

  • ha restituito la domanda?

  • si è precipitata a rispondere oppure si è riconosciuto il diritto di fare mente locale?

  • ha strutturato la risposta rispettando la scaletta del docente? 

Impara a dare feedback a te stesso o te stessa.

Puoi porti le stesse domande sia dopo le prove con i tuoi colleghi sia dopo l'esame vero e proprio. Questo ti serve per gli esami successivi. E, te lo ripeto, ti servirà oltre l'università in tutte le occasioni in cui dovrai parlare e interagire con le altre persone. E ti ricordo che quando darai feedback dovrai evitare nella maniera più assoluta il verbo essere. Usa verbi di azione per valutare ciò che avrai davvero fatto.

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