Come fare proposte commerciali davvero mirate
Quando ci propongono “invia il tuo messaggio commerciale a 10.000 destinatari con un solo clic!", ci troviamo di fronte al rischio di sprecare risorse, senza parlare del fastidio che possiamo procurare a destinatari non profilati. Nessuno ha voglia di ricevere messaggi generici pensati per un vago mucchio di persone anonime, ecco perché abbiamo bisogno di pensare le nostre proposte per profili che possono essere davvero sensibili alle nostre intenzioni.
"Nessuno ha mai acquistato nulla in un ascensore"
Seth Godin
Il celebre studioso di marketing, S. Godin, demolisce così il mito dell’elevator pitch, spiegando che nel tempo di un viaggio in ascensore non vi sarebbe realistica possibilità di presentare la propria azienda, i propri prodotti o servizi. Tuttavia il viaggio in ascensore può essere l’occasione per comprendere meglio il nostro interlocutore. Come? Facendogli domande in modo opportuno.
1. Ricercare informazioni
Secondo lo psicologo sociale E. H. Schein fare domande significa consegnare il potere all’altro, almeno temporaneamente, ed esporre la nostra reale curiosità e la nostra ignoranza. È questo l'atteggiamento utile per comprendere le esigenze vere dell’interlocutore e avanzare una proposta su misura.
Schein suggerisce di porre domande che non siano artifici, che non siano cioè affermazioni nella forma fittizia della domanda. Insomma domande che realmente vogliono sapere e che dunque non siano retoriche.
“È come attirare l’altro dentro la situazione, affidandogli il volante”.
Edgard H. Shein
Immagina di essere alla guida: devi attivare le tue attenzioni e hai la responsabilità della conduzione della vita tua ed eventualmente delle persone che viaggiano con te. Se ti consegno il volante facendoti una domanda che implica una tua reale e sentita risposta, è facile che tu vi ponga davvero attenzione.
Quando chiediamo per sincera ricerca, assumiamo così l'atteggiamento della “umile ricerca di informazioni”, che presuppone una reale ignoranza e un reale desiderio di sapere senza condizionare l'altro. Ad esempio: Che cosa hai fatto tu? Quali sono le ragioni della scelta di Tizio per questo incarico? Come vi siete trovati con questa soluzione? Che cosa avete pensato dopo averlo incontrato?
Queste domande non vogliono tendere in nessuna direzione preordinata ma, per l'appunto, consegnano il volante a chi risponderà. Naturalmente si suppone che le intonazioni con cui si formulano le domande dovranno essere neutre e prive di connotazioni intenzionali.
2. Sospendere il giudizio
Durante la ricerca di informazioni dobbiamo fare l’atto di epochè, cioè sospendere il nostro giudizio. Ottenere informazioni ha uno scopo ben preciso, se vogliamo proporre una collaborazione con l’interlocutore. Tale scopo non può consistere nell'emettere sentenze personali sui pensieri e bisogni di chi stiamo ascoltando, ma deve consistere nella mera raccolta di dettagli da valutare in seguito a tavolino. Ma possono arrivare momenti di silenzio: come fare in tal caso?
Pensa a quando parli di te, della tua situazione professionale: vi sono momenti in cui stai entrando in profondità toccando glorie e dolori. Durante queste riflessioni puoi avere attimi di esitazione, che possono tradursi nel silenzio. Questo non significa che tu sia in pausa cerebrale, anzi, il tuo pensiero sta analizzando e sintetizzando quanto hai appena esposto a voce. Tuttavia, quando percepiamo il silenzio del nostro interlocutore, abbiamo la tentazione di intervenire per riempirlo con un nostro commento, magari per dimostrare che abbiamo capito. È un errore!
Ricordiamo il focus: stiamo cercando informazioni per poter fare successivamente una proposta mirata. Quando il parlante fa una pausa di silenzio, lo fa per ascoltare i propri pensieri e può accadere che ricominci a parlare in autonomia, proprio in virtù della pausa riflessiva. Qualora questo non accadesse o l’attesa si prolungasse facendoci percepire uno stallo, potremmo intervenire in vari modi, e ne propongo due.
3. Far ripartire il discorso
Il primo modo può consistere ancora una volta nel porre una domanda secondo il criterio di Shane, l’umile ricerca di informazioni.
Un’altra soluzione, in molti casi ancora più efficace, consiste nella tecnica dell’eco, e cioè nel fare davvero eco alle ultime parole del nostro interlocutore. Si tratta di una tecnica utilizzata anche in psico terapia. Ecco un esempio:
INTERLOCUTORE - [...] e così abbiamo risolto con una soluzione arrivata all’improvviso. (pausa)
NOI - “arrivata all’improvviso” (?)
Come vedi, ho ripetuto esattamente le parole di chi stava parlando e si è interrotto. Solitamente l’interlocutore è così stimolato a parlare ed entrare nei dettagli. Ho posto fra parentesi il punto di domanda perché il nostro tono dovrà essere sottilmente interrogativo, per evitare di essere percepito come "interrogatorio". Il nostro intervento-eco dovrà essere percepito più come un’affermazione, insomma quanto più neutro e umile possibile.
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